Porta dei Principi
La porta è collocata in corrispondenza della quinta arcatura del lato sud, partendo dallo spigolo della facciata. La sua struttura ricalca quella del Portale maggiore, con stipiti, archivolto e architrave scolpiti, inquadrati da un protiro a due piani sorretto da colonne poggianti su leoni stilofori. La datazione di questa porta è stata fissata in stretta contiguità con i lavori della facciata, ossia agli anni 1106 – 1110 circa.
Il 13 maggio 1944 un bombardamento colpì questa parte dell’edificio: l’affresco nel vano superiore del protiro andò completamente distrutto, il protiro crollò e vennero variamente lesionati l’archivolto modanato che incorniciava il tralcio, il leone di destra e i capitelli.
Lungo gli stipiti del portale si snodano, esternamente, un tralcio abitato e, all'interno, una teoria di piccole edicole architettoniche che ospitano le figure dei dodici Apostoli, San Geminiano e un Diacono.
Nell’architrave compaiono invece, suddivisi in sei riquadri, alcuni episodi della vita del santo patrono Geminiano e, sulla faccia inferiore, l’immagine dell’agnello mistico sorretta da due angeli e fiancheggiata dalle figure di San Paolo e di San Giovanni Battista. La storia del santo segue da vicino la versione della cosiddetta “Vita longior”, racconto agiografico del secolo XI che narra come San Geminiano venisse chiamato alla corte dell’imperatore Gioviano e qui riuscisse a salvarne la figlia sconfiggendo il demonio: le scene sono commentate da iscrizioni in versi latini.
Le sculture di questa porta sembrano essere frutto della collaborazione di due distinte personalità ovvero il “Maestro di San Geminiano” e il “Maestro dell’Agnus Dei”, più schematico e fedele a un tipo di volto largo e ovale, col naso camuso e grandi occhi sgranati. Questi due maestri potrebbero aver lavorato anche al corredo scultoreo della cripta e delle absidi. La loro cultura, così come si manifesta in particolare nel repertorio vegetale, presenta elementi di continuità con la tradizione scultorea diffusa in area padana nei secoli X e XI, i cui caratteri di fondo sembrano avere lunga fortuna nel territorio modenese.