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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

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Lo scultore Wiligelmo

Inter scultores, quanto sis dignus onore, claret scultura nunc Wiligelme tua (“Fra gli scultori quanto tu sia degno d'onore lo mostra ora la tua scultura, oh Wiligelmo”). Le tre righe incise in fondo all’iscrizione che, sulla facciata, ricorda la data della fondazione del Duomo, sono l’unico documento che possediamo sullo scultore.

La Relatio, infatti, osanna l’opera di Lanfranco, ma non menziona Wiligelmo, per la quale è stato proposto un intervento leggermente successivo all’inizio dei lavori, perché la prima maestranza, attiva nella cripta, prima parte compiuta dell’edificio, e quindi contemporanea alla venuta dell’architetto, rivela una cultura distinta e precedente. Non sappiamo da dove egli provenisse, quale possa essere stata la sua formazione, nè come avvenne il suo inserimento nel cantiere. L'iscrizione lo qualifica essenzialmente come scultore, distinguendo la sua professionalità da quella dell’architetto Lanfranco, il cui nome compare, invece, nella lapide posta al centro dell’abside maggiore. 

Non è possibile dire fino a che punto scultore e architetto rappresentassero  due professionalità nettamente distinte nel cantiere medievale. Probabilmente, all’interno della medesima personalità vi erano forti intrecci di competenze e di conseguenza si potrebbe attribuire a Wiligelmo un ruolo non semplicemente confinato alla decorazione scultorea e forse successivo a quello di Lanfranco. Il tenore altamente elogiativo dell’iscrizione che porta il suo nome, la sua collocazione sulla facciata, sembrerebbero darne conferma.

Poiché la ricostruzione della chiesa partì dalle absidi, arrivando alla facciata qualche anno dopo, non si può fare a meno di notare come, proprio qui, la scultura assume un ruolo  preminente, piegando le linee del progetto architettonico alle esigenze di un mondo popolato di storie, di uomini, di creature fantastiche. I rilievi non si limitano a punteggiare gli snodi strutturali della partitura architettonica, ma aprono un varco nella tessitura muraria imponendo un proprio ritmo. L’essenza e l’importanza del contributo di Wiligelmo al progetto di Lanfranco risiede forse proprio in questa capacità di immaginare l’architettura come luogo abitato. Se Lanfranco pensò la nuova cattedrale come basilica, con una copertura di travi in legno e matronei con pavimentazione lignea, Wiligelmo propose un dialogo con l’Antico memore di un’antichità di preciso valore simbolico.