Skip to content Skip to navigation

Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

Sezioni

Palazzo Comunale

Il bel porticato del Palazzo Comunale fa da cornice al lato nord – orientale di Piazza Grande. Realizzato rispettando il modulo originario adottato da Raffaele Rinaldi detto il Menia nel progetto seicentesco, esso fu completato nel 1825 con l’aggiunta di tre arcate alle cinque già esistenti sul lato destro.

Nelle sue forme attuali l’edificio presenta una coerente unitarietà nata dal lavoro di uniformazione e compenetrazione di una serie di singoli edifici costruiti in epoche diverse come sede della Comunità e successivamente, a partire dal XVII secolo, ristrutturati e armonizzati allo scopo di organizzarli in un unico omogeneo complesso edilizio.
Attualmente, i locali al piano terra posti sotto al portico orientale, presentano una serie di bassorilievi che decorano l’arco di ingresso della “Loggia delle contrattazioni”, opera di Benito Boccolari e Dante Zamboni (1938), ricordando l’antica funzione commerciale di quegli spazi.

 La Torre dell'Orologio

Il corridoio di accesso e la Sala della Torre Mozza

Il Camerino dei Confirmati

La Sala del Fuoco

La Sala del Consiglio Vecchio

La Sala degli Arazzi

La Sala dei matrimoni

Torre dell’Orologio

La Torre dell’Orologio sorge nel luogo ove pare esistesse l’antico torrazzo che fungeva da Arengario del Popolo e assume l’aspetto attuale fra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo. Nel 1508 venne eretta, su disegno di Bartolomeo Bonascia, la cupola ottagonale al vertice della torre e nel 1520 venne costruita la balaustrata che corona la mole quadrangolare. I rilievi con i quattro venti e il fregio sopra al quadrante dell’orologio furono realizzati intorno alla metà del Cinquecento da Ambrogio Tagliapietre. Nel 1730 un nuovo orologio, opera di Ludovico Riva, venne istallato, mentre nel 1868 Ludovico Gavioli ideò quello che ancora oggi si trova nel palazzo, con due quadranti: uno in Piazza Grande e l’altro in Piazzetta delle Ova, distante ben 40 metri ma funzionante con lo stesso meccanismo.
Nel 1761 venne costruita, per opera di Domenico Puttini, la balaustrata in marmo che recinge il balcone dell’Immacolata: la statua della Madonna venne qui collocata nel 1805 insostituzione di un’altra statua della Madonna col Bambino e San Giovannino, opera in terracotta di Antonio Begarelli oggi conservata presso il Museo Civico d’Arte di Modena, collocata in una nicchia a fianco della Torre fino agli anni della Rivoluzione Francese.

Il corridoio di accesso al Palazzo e la Sala della Torre Mozza

L’entrata principale si trova in Piazza Grande: qui, all’altezza della prima arcata del portico ad oriente, si apre il grande scalone rinascimentale di accesso che immette alla loggia, dalla quale si accede all’interno del palazzo, dove sono visitabili alcune sale del primo piano.
Attraverso un corridoio ornato da opere di pittori modenesi della seconda metà dell’Ottocento si accede, a destra di fianco all’ascensore, alla Sala della Torre Mozza, così chiamata perché è qui ancora visibile il muro di un’antica torre civica che testimonia le origini medievali del Palazzo.

Il Camerino dei Confirmati

In una saletta situata tra la cosiddetta Sala del Fuoco e la Sala del Vecchio Consiglio, si trova attualmente la celebre Secchia rapita, in origine conservata nella torre Ghirlandina. Vile e supremo oggetto di contesa tra modenesi e bolognesi,la Secchia che si vuole rubata da un pozzo situato nel centro di Bologna, ispirò ad Alessandro Tassoni l’omonimo poema eroicomico.
Questa saletta fu decorata nel 1770 da Antonio Carbonari e Girolamo Vannulli (1704 – 1781) con quattro busti a chiaroscuro dei pittori Bartolomeo Schedoni, Ercole dell’Abate, Francesco Vellani e Francesco Vaccari posti tra illusorie scenografie.

 

 

La Sala del Fuoco

A destra del Camerino, la Sala del Fuoco, viene così chiamata poiché nel grande e bel camino, opera seicentesca di Gaspare da Secchia, si preparavano le braci che servivano a riscaldare i commercianti che durante l’inverno vendevano in piazza le loro mercanzie. La sala è ornata da un importante ciclo di affreschi raffigurantila Guerra di Modena del43 a.C. e l’ascesa al potere di Augusto, opera di Nicolò dell’Abate (1512 ca. – 1571), eseguiti nel 1546 per ordine del Conservatori. Che qui si riunivano per governare la città.
Volgendo le spalle al camino, gli episodi raffigurati sono da sinistra: l’assedio di Modena durante il quale Bruto ordina di sgozzare i buoi sulla piazza per procurare cibo agli assediati; la battaglia fra gli eserciti di Antonio e Ottaviano; l’incontro di Marcantonio, Lepido e Ottaviano su un’isola del fiume Lavino che sancisce il secondo Triumvirato, anticipato per assegnargli la parete più importante; l’incontro di Decimo Bruto e Ottaviano sulle rive del Lavino. Sopra al camino è raffigurato Ercole che squarcia la bocca del leone Nemeo, allusione al duca Ercole II d’Este.
Il bel soffitto ligneo a cassettoni fu eseguito da Giacomo Cavazza e dipinto da Lodovico Brancolino e Alberto Fontana. Nel riquadro centrale compare lo stemma del Comune. Corre attorno alle pareti, appena sotto il soffitto, un fregio in cui si alternano triglifi e metope decorate con motivi ispirati all’antichità romana.

La Sala del Consiglio Vecchio

A sinistra del Camerino del Confirmati si apre la Sala del Consiglio Vecchio, il cui soffitto fu decorato da Bartolomeo Schedoni e da Ercole dell’Abate all’inizio del ‘600 con soggetti riguardanti l’esaltazione del buon governo e dell’amore per la patria.
Al centro della volta un genio reggente il mondo a cavalcioni di un’aquila che stringe tra gli artigli le trivelle, allegoria del Comune e del Ducato.
Le scene in chiaroscuro rappresentanti episodi miracolosi della vita del patrono San Geminiano vennero ridipinte da Francesco Vellani (1689 – 1768) nel 1766. Il dipinto raffigurante il patrono inginocchiato che addita alla Madonna del Rosario la città di Modena è opera di Ludovico Lana (1597 – 1646) realizzata come stendardo processionale al termine della terribile peste del 1630.
Nella sala si trovano altre due tele: San Francesco e l’Angelo di Ercole dell’Abate e San Giovanni Battista e un Angelo di Bartolomeo Schedoni. 
Cinquecenteschi sono gli scranni dei Conservatori in legno intagliato, scanditi da lesene verticali e specchiature coronate da una trabeazione e metope e triglifi. Essi furono realizzati per la vicina Sala del Fuoco alla metà del Cinquecento e qui trasferiti nel Seicento. 

La Sala degli Arazzi

Dalla Sala del Vecchio Consiglio si accede alla Sala degli Arazzi. Le pareti sono adornate da dipinti su tela settecenteschi a guisa di arazzi, opera di Girolamo Vannulli, mentre le cornici con volute e rami fioriti furono eseguite da Francesco Vaccari. I dipinti imitano con ottima approssimazione le tappezzerie ad arazzo in voga in Francia nel ‘700 e raffigurano episodi della Pace di Costanza (1183) che pose fine alla contesa tra i Comuni dell’Italia Settentrionale e Federico Barbarossa.
Nella volta un grande medaglione contiene la raffigurazione della Carità che allatta entro una ricca quadratura prospettica a finti stucchi di Francesco Vaccari, mentre tra le finestre compare l’allegoria dell’Abbondanza.
Nel pavimento, in legno, il motto di Modena.

 

 

La Sala dei matrimoni

Dalla Sala del Vecchio Consiglio una porta immette nella vasta Sala dei matrimoni: la volta fu dipinta da Francesco Vaccari nel 1767 con un motivo architettonico a larghe volute monocrome che contornano un ovale centrale in cui è raffigurato lo stemma di Modena sostenuto da due genietti.
Alle pareti sono esposti numerosi dipinti di Adeodato Malatesta (1806 – 1991), il più importante pittore modenese dell’Ottocento: molti sono i ritratti che costituiscono una sorta di ideale galleria dei modenesi contemporanei al pittore, ma vi sono anche soggetti storici e opere ispirate all’antichità e a modelli pittorici consolidati.