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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

Sezioni

Rilievi della Genesi

Le lastre raffiguranti alcune scene tratte dalla Genesi, sono poste a diverse altezze sulla facciata del Duomo: due sopra le porte laterali e due a fianco del protiro centrale. La collocazione attuale dei quattro pannelli, sfalsati a diverse altezze sul muro di facciata, è considerata frutto di un rimaneggiamento avvenuto in epoca campionesse, quando furono aperte le due porte laterali sulla facciata.

Questi rilievi sono stati attribuiti da sempre allo scultore Wiligelmo, l'elogio del quale, contenuto nell’epigrafe contigua, ne ha costituito una sorta di inconfondibile firma e le loro particolarità iconografiche sono state spiegate attraverso il riferimento a un dramma sacro medievale, il Jeu d’Adam.

Prima lastra

L’Eterno in mandorla e la creazione d’Adamo; La creazione di Eva; Il peccato originale

Il rilievo, posto sopra l’entrata di sinistra della faccia del Duomo, si compone di quattro scene. Il primo blocco presenta la figura frontale del Creatore a mezzo busto racchiuso da una mandorla sorretta da due angeli posti di profilo e simmetrici. Il capo è circondato dal nimbo crociato e il Creatore tiene aperto fra le mani un libro su cui sono incisi i versi latini “Lux ego sum mundi, via verax, vita perennis” (“Io sono la luce del mondo, la vera via, la luce perenne”), tratti dal Vangelo di Giovanni.

Nella seconda scena il Creatore, a figura intera di profilo con il volto di tre quarti, crea Adamo, che con il corpo semiflesso, le braccia a metà piegate, l’espressione quasi incredula sembra essere chiamato a vita dal nulla, dalla sorda materia.

Nella terza scena è scolpita la creazione di Eva. La figura del Creatore apre nuovamente la scena con il capo e il corpo di tre quarti, un ampio panneggio, il braccio destro ad angolo retto e con la mano sinistra che raccoglie quella di Eva raffigurata a mezzo busto, affiorante dalla carne addormentata di Adamo, il cui corpo si accampa in primo piano disteso obliquamente. 

Nell’ultima scena i due progenitori in posizione eretta consumano il peccato originale gustando il frutto proibito. La scena condensa diversi momenti del racconto biblico, ossia la tentazione del serpente a Eva, il momento in cui Eva persuade Adamo che si lascia sedurre, la vergogna subitanea che deriva dall’aver assaggiato il frutto proibito.

Seconda lastra

L’Eterno rimprovera Adamo ed Eva; La cacciata dei Progenitori; Adamo ed Eva zappano la terra

La lastra, incassata in un contrafforte sul lato sinistro del Portale centrale del Duomo, si compone di tre scene che presentano uno statodi conservazione peggiore rispetto alle precedenti.
La prima scena ripropone le due figure di Adamo ed Eva affiancate, ritratte in posture quasi identiche, con la mano destra lungo il corpo a reggere la foglia di fico, la mano sinistra appoggiata sulla guancia in segno di disperazione, mentre il Creatore, posto di fronte, punta l’indice verso di loro e impugna un cartiglio recante la scritta “Dum deambularet Dominus in Paradisum” (“Mentre Dio camminava in Paradiso”).
Nella seconda scena un angelo con le ali spiegate e la spada sguainata caccia i progenitori dal Paradiso. Le figure di Adamo ed Eva, sono scolpite di nuovo come coppia quasi identica, con pochi attributi per essere differenziate: lo stesso gesto, la stessa posizione a colonna sotto la mensola di un archetto, bene esprimono la loro disperazione per l’esilio dal Paradiso terrestre.
Nella terza scena sono raffigurati Eva e Adamo specularmente inclinati a zappare la terra: pesantemente vestiti  e calzati affrontano i rigori delle stagioni, lontani dall’innocente nudità dell’Eden. 

Terza lastra

Il sacrificio di Caino e Abele; Caino uccide Abele; L’Eterno rimprovera Caino

La lastra, incassata in un contrafforte sul lato destro del Portale centrale del Duomo, si compone di tre scene.
La prima scena, molto dilatata, ospita il sacrificio di Abele e Caino, prole di Adamo ed Eva. La particolare iconografia presente a Modena è caratterizzata da un’inversione degli usuali attributi dei due fratelli: è Caino ad avere le mani avvolte in un panno dal quale spunta il covone di loglio, mentre Abele a mani nude regge un agnello. Le figure dei due fratelli occupano ciascuna un blocco di pietra e si rivolgono verso la scena centrale dove è scolpita l’immagine quasi miniaturistica del Creatore in mandorla sorretta da un telamone che presenta una stretta parentela con i due scolpiti alla base del fregio del portale centrale.
La scena successiva vede l’uccisione di Abele da parte di Caino. Va notato non solo il sovrastare, per tutta la lastra, della figura di Caino su quella di Abele, ma anche come la prima scena si chiuda con Caino e la seconda si apra con il medesimo, la cui figura sembra semplicemente ribaltata verso destra. Il mazzo di loglio si è trasformato in un bastone con il quale Caino colpisce il capo di Abele, il cui corpo si torce in una caduta rigida, con le ginocchia piegate a destra, verso terra.
L’ultimo episodio della lastra si apre nuovamente con la figura stante, a colonna sotto una mensola, di Caino che incontra l’Eterno dopo il fratricidio: eccezionalmente la sua figura supera per proporzioni quella dell’Eterno che lo fronteggia, reggendo un cartiglio con incise le parole “Ubi est Abel frater tuus?” (“Dove è Abele, tuo fratello?”).

Quarta lastra

Lamech uccide Caino; L’arca di Noè; L’uscita dall’arca di Noè e dei figli

Il quarto rilievo, posto sopra il portale laterale di destra, si compone di due sole scene. Il racconto giunge alla sua conclusione con l’episodio dell’uccisione di Caino da parte del cieco Lamech;  segue la rappresentazione dell’arca dalla quale escono infine Noè e i figli.
Una particolarità della scena è il radicale cambiamento di aspetto di Caino, qui raffigurato con una lunga chioma, barba e baffi; colpito dalla freccia del cacciatore si aggrappa a un albero rigoglioso dalle foglie a riccio raffinatamente scolpite. Immediatamente contigua è la raffigurazione dell’arca dalla quale sporgono le teste di Noè e della moglie. L’acqua su cui galleggia è resa con il motivo della doppia pelta, mentre l’arca è raffigurata come un edificio religioso, a doppio ordine di archi e colonne munite dei loro minuscoli capitelli, sormontato da un tetto.