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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

Sezioni

Porta della Pescheria

La Porta della Pescheria, il cui nome deriva dalla presenza di una pescheria nelle immediate vicinanze, si apre nella quarta arcata da est, sul lato settentrionale della Cattedrale. Il portale è formato da due stipiti sormontati da un architrave e da un archivolto non coerenti tra loro.
L’incongruenza tra lunghezza dell’architrave e diametro dell’archivolto segnala, insieme al netto stacco formale nel raccordo tra gli stipiti e l’architrave, i rimaneggiamenti che hanno coinvolto nel corso dei secoli l’architettura della Porta originaria.
Si è tuttavia ipotizzato che l’intero portale sia opera di un solo scultore, il Maestro di Artù, un artista dai “modi borgognoni”, distinto da Wiligelmo.  

Il tralcio abitato

Come nel Portale maggiore, ciascuno dei due telamoni – le figure che sorreggono gli stipiti - sostiene un tralcio vegetale abitato soprattutto da una serie di animali, talvolta mostruosi o fantastici. Tra i girali del tralcio s’inseriscono, oltre ai consueti exempla dell’iconografia cristiana, episodi tratti dal patrimonio favolistico dell’antichità o derivanti dalla raccolta medievale di storie di animali, il “Roman de Renart”, tutti con un evidente sfondo morale.
Nello stipite di sinistra, troviamo a partire dal basso: un quadrupede, La Volpe e l’Aquila, La Volpe e la Cicogna, Il Leone e l’Avvoltoio, la Manticora (belva immaginaria del lontano Oriente), un ignudo con copricapo seduto, nell’atto di afferrare una foglia.
Specifiche rispondenze orizzontali si stabiliscono con lo stipite destro dove,  a partire dal basso, si sovrappongono: La Volpe e il Gallo confessore, La Volpe e il Nibbio confessore, La Volpe finta morta, il Leone e il Basilisco, la Manticora (un essere con la testa umana, il corpo da leone e la coda da scorpione), un ignudo con copricapo, seduto nell’atto di portare una mano alla bocca.
Il netto stacco formale denunciato nel raccordo tra gli stipiti e l’architrave non interrompe, comunque, l’unità tematica del programma iconografico degli stipiti esterni. Partendo da sinistra nel registro orizzontale si inseriscono: una Nereide che cavalca un tritone; il Funerale della volpe; un motivo aniconico che interrompe la sequenza istoriata ovvero una croce inscritta in un complesso sistema a intreccio; due Ibis; la Storia del lupo e della gru.

I  lavori dei Mesi

Sulla faccia interna degli stipiti si snoda il ciclo dei Mesi, che non si trova a decorare, come talora accade, la facciata principale della cattedrale. Nello stipite di destra in basso l’anno comincia con Gennaio per poi riprendere con Luglio nella parte inferiore dello stipite di sinistra.

Ogni mese viene rappresentato da un contadino colto in un'azione tipica della stagione. A Gennaio  taglia le setole in una gamba di un maiale; a Febbraio si scalda mani e piedi vicino al fuoco; a Marzo taglia la vite; ad Aprile al contadino si sostituisce un nobile con un fiore in mano, a segnare l’inizio della primavera; a Maggio il nobile afferra le briglie di un cavallo, ricordando che è venuta la stagione per andare in guerra; a Giugno ritorna il lavoro del contadino che impugna una grande falce.

A Luglio la mietitura; in Agosto il contadino batte le spighe mature; con Settembre si apre la stagione della vendemmia;  a Ottobre si travasa il vino in una botte; Novembre è il momento di estrarre dalla sacca i semi di grano che il solito contadino cosparge a spaglio; a Dicembre spacca con l’ascia un tronco, che tiene tretto tra le gambe.

Ciascuna figurazione è individuata da un’iscrizione recante, in forma abbreviata, il nome del mese corrispondente.

Scene del ciclo arturiano

La raffigurazione dell’archivolto descrive l’assalto ad un castello fortificato entro il quale, separata da una barriera di acque, una donna è prigioniera. Fuori si anima l’attacco delle schiere avversarie: tre cavalieri armati sopraggiungono simmetricamente da ciascuno dei due lati in direzione del castello. La superiorità numerica dei sei cavalieri sopraggiungenti rispetto alle tre figure maschili appartenenti al castello fortificato fa supporre l’esito dello scontro.

Sulla cornice dell’archivolto sono incisi i nomi che individuano i personaggi: in corrispondenza del secondo cavaliere a sinistra vi è il nome di Artù, l’unico a mostrarsi a viso scoperto.

Nel proporre la datazione dell’archivolto, la critica si è divisa tra due ipotesi. La prima situa le sculture di questo ciclo arturiano entro il 1130, cioè prima della redazione scritta di tali leggende nella Historia Regum Britanniae. Proprio l’esistenza di questo testo scritto fornisce, dall’altra parte, uno dei principali argomenti per spostarne la datazione alla seconda metà del XII secolo